Agricoltura bio: Lazio e Calabria le regioni più 'green', fanalino di coda per Campania e Val d'Aosta

Secondo il Rapporto Federbio "Cambia la Terra", in Italia le Regioni dedicano fondi all'agricoltura bio in percentuali molto diverse tra loro

19 settembre 2018

In Italia, oltre alla distinzione tra agricoltura biologica e agricoltura convenzionale (che permette comunque l’utilizzo di prodotti inquinanti), occorre fare un’altra suddivisione ancora più articolata, considerando che non esiste una politica univoca e ogni Regione ha una propria normativa. Questo porta ad una grande variabilità nelle sovvenzioni al biologico, nonché per la determinazione dei premi a superficie e per le condizioni di accesso da parte degli agricoltori.

Nel 2014, la Conferenza Stato Regioni ha raggiunto l’accordo per la ripartizione dei Fondi Europei Agricoli per lo Sviluppo Rurale, stabilendo 20.8 miliardi di spesa pubblica complessiva per l’arco di tempo 2014-2020. Inoltre, nel Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020 viene data particolare importanza alla Misura 11, ossia quella che promuove la conversione e il mantenimento delle coltivazioni bio. Ma non tutte le Regioni si relazionano nello stesso modo a queste direttive, e i dati emergono dal Rapporto di FederBio dal titolo “Cambia la Terra. Così l’agricoltura convenzionale inquina l’economia (oltre il Pianeta)”

In particolar modo, a dare maggiore sostegno economico alla Misura 11 sono il Lazio e la Calabria, che vanno a destinare al biologico rispettivamente il 23,02% e il 22,38% della spesa complessiva nei PSR (i fondi dei Piani di Sviluppo Rurale regionali). A seguire, la Sicilia con il 18,07%, le Marche con il 14,87%, la Toscana con il 13,41%, la Basilicata con il 12,83% e la Puglia con il 12,69%.

Agli antipodi si trovano le Regioni che destinano meno fondi al bio: fanalino di coda per la Campania, con l’1,36%, seguita da Val d’Aosta (1,7%), Veneto (1,84%), Friuli Venezia Giulia (2,36%), Piemonte (2,47%), Lombardia (3,28%), Liguria (3,85%) e Umbria (3,88%).

Ci sono poi le Regioni ‘intermedie’, quelle che stanziano meno risorse rispetto alle prime per il raggiungimento di superfici convertite, ma restano comunque in linea con la media nazionale: Sardegna (5,98%), Abruzzo (6,23%), Emilia Romagna (8,45%), Molise (8,55%).

Questa disomogeneità che vede il biologico maggiormente importante per Centro e Sud è dovuto, secondo il Rapporto, al fatto che il Meridione tende ad usare la M11 come sostegno al reddito delle aziende, mentre il Nord è meno disposto ad investire sul bio, partendo da un’agricoltura più ricca che trova altre forme di sostegno.

In ogni caso, sembra abbastanza ‘coerente’ un dato in particolare: le risorse dedicate all’agricoltura biologica sono inferiori alla media che spetterebbe al settore in base alla SAU biologica, ossia alla Superficie Agricola Utilizzata. Il documento riporta l’esempio del Piemonte, che dedica alla M11 il 2,4% delle risorse pubbliche a fronte di una SAU bio del 4,8%, così come la Sardegna dedica il 6% a fronte di una SAU bio del 12,3%. Maggiore equilibrio mostrano invece la Toscana, l’Emilia-Romagna e le Marche..

I dati sono stati presentati sabato 8 settembre alla Festa del BIO al SANA di Bologna, e descrivono una situazione paradossale: pare infatti che in Italia, per quanto la superficie dedicata all’agricoltura biologica sia pari al 14.5%, le sovvenzioni europee la sostengano solo per il 2.3%. Se si parla dei fondi italiani, si arriva ad un 2.9%.

Si tratta di un contesto che presenta forti contraddizioni, non solo perché oggettivamente l’agricoltura biologica è rispettosa dell’ambiente e della salute, ma anche perché gli agricoltori biologici si ritrovano ad essere maggiormente pressati da spese come i maggiori costi di produzione bio rispetto a quella convenzionale, i costi di transazione e i costi di certificazione.

Il Rapporto di FederBio ribadisce l’importanza dell’assunzione di nuove politiche di sostegno per l’agricoltura biologica, considerando che, oltre ad essere inquinante, la produzione convenzionale rischia di minare la fertilità del suolo in un periodo che va dal medio al lungo termine.