La collaborazione umana ricalca i modelli della fisica statistica: lo studio di Nasa e CNR

Il modello ripreso dai ricercatori ricalca il concetto fisico di 'punto critico', in questo caso bilanciato fra egoismo e cooperazione

In fisica statistica il concetto di ‘punto critico’ indica lo stato di un sistema posto fra due fasi differenti, e ha come peculiarità quello di aumentare l’adattabilità del sistema stesso a perturbazioni esterne. E se anche i gruppi sociali umani funzionassero così, destreggiandosi abilmente tra egoismo e cooperazione?

È quanto affermano i ricercatori John Realpe Gòmez del Quantum Artificial Intelligence Laboratory del NASA Ames Research Center, Giulia Andrighetto e Luis Gustavo Nardin dell’Istituto di Scenze e Tecnologie della Cognizione del CNR, e Javier Antonio Montoya del Grupo de Modelado Computacional dell’Universidad de Cartagena.

Questo team internazionale di esperti ha dato vita ad uno studio intitolato “Balancing selfishness and norm conformity can explain human behavior in large-scale prisoner’s dilemma games and can pose human groups near critically”, pubblicato su Physical Review. In questo studio, si prende in prestito dalla fisica statistica il concetto di cui sopra di ‘punto critico’, e si afferma che anche nei gruppi sociali umani che cooperano si può mirare al raggiungimento di un punto critico di adattabilità, e questo avviene quando i membri si comportano in base alle norme sociali del gruppo stesso di appartenenza: in questi casi, dunque, gli individui, per adattamento, non agiscono solo per se stessi (egoismo), ma anche per l’adattabilità dell’intero gruppo (cooperazione).

Gli scienziati smentiscono che l’egoismo sia il meccanismo principale che regola i comportamenti umani, proprio perché la cooperazione diventa funzionale anche per il singolo individuo: “La cooperazione è fondamentale per il successo delle società umane poiché è essenziale per superare alcune delle sfide sociali più urgenti del nostro tempo; tuttavia, il modo in cui la cooperazione umana viene ottenuta e può persistere è uno dei principali enigmi delle scienze sociali e biologiche. Recentemente, gli studiosi hanno riconosciuto l’importanza delle norme sociali come soluzioni ai principali problemi per l’azione collettiva locale e su vasta scala, dalla gestione delle risorse idriche, alla riduzione del fumo nei luoghi pubblici, al cambiamento delle pratiche per la fertilità. Eppure, manca ancora un modello fondato sull’effetto delle norme sociali sulla cooperazione umana”.

Il bilanciamento di egoismo e cooperazione è stato studiato attraverso il famoso ‘dilemma del prigioniero’, come spiega la Andrighetto: “Nel modello gli agenti decidono se cooperare o meno, bilanciando egoismo e aderenza alle norme sociali. In questo modo siamo stati in grado di riprodurre le scelte che i soggetti umani avevano preso in recenti esperimenti di laboratorio su larga scala condotti in Spagna da Gracia-Lázaro e colleghi, nei quali veniva chiesto loro di partecipare al “dilemma del prigioniero”, il classico gioco usato per studiare la cooperazione che utilizza ricompensa di natura economica. I risultati del nostro lavoro confermano e forniscono un supporto sperimentale all’idea che gli esseri umani, decidendo se cooperare o meno, bilanciano i possibili guadagni economici e la conformità alle norme del gruppo. Infine, lo studio ha permesso di evidenziare l’esistenza di un punto critico nei sistemi cooperativi umani, rilevato fino ad ora solo in gruppi animali altamente sociali come le api o le formiche, caratteristica che aiuterebbe a spiegare la grande flessibilità e capacità di tali sistemi di adattarsi a cambiamenti esterni”.

Il dilemma del prigioniero vede infatti due ipotetici criminali arrestati e impossibilitati a comunicare fra loro; ad ognuno dei due viene chiesto di collaborare o di non collaborare: se uno collabora e l’altro no, chi collabora evita la pena e l’altro viene condannato a 7 anni di carcere, se entrambi si accusano, tutti e due vengono condannati a 6 anni di carcere, se nessuno dei due collabora vengono entrambi condannati ad un anno.

Questo gioco dimostra come la collaborazione sia la strategia migliore, perché ogni prigioniero, collaborando rischia da 0 a 6 anni, non collaborando da 1 a 7.

I ricercatori sottolineano come studi di questo tipo possano fornire degli strumenti per favorire la cooperazione umana, individuando proprio quel ‘punto critico’ di adattabilità a metà strada fra gli interessi del singolo e quelli del gruppo.