“Diritti, cambiamento, sostenibilità”: una dichiarazione di intenti per lo sviluppo sostenibile

La nuova Dichiarazione di Intenti del Comitato Internazionale per lo Sviluppo dei Popoli si propone di tradurre i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile in prassi di cooperazione internazionale e aiuto umanitario, aggiornando priorità e approcci strategici. 
Gennaio-Febbraio 2018

La rete di organizzazioni non governative (Ong) “Link 2007” aderisce con convinzione all’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) soprattutto perché ne condivide il messaggio di fondo: la stabilità e la sostenibilità delle nostre società sono ad un bivio. Da una parte vi è l’opportunità di tradurre in concreto i 17 Obiettivi dell’Agenda 2030, modificando in profondità modelli di crescita, di consumo, di sviluppo; dall’altra il rischio di perdere quest’occasione, con conseguenze drammatiche per tutti noi, in particolare per le giovani generazioni.

L’Agenda 2030 è stata adottata non solo per affermare principi ma anche, anzi soprattutto, per essere tradotta in politiche e progettualità. Per essere chiari: ciò che interessa milioni di poveri nel mondo non è partecipare a dibattiti sugli Obiettivi 4 e 6, ma avere accesso a sistemi educativi efficaci ed inclusivi, all’acqua potabile, ad infrastrutture sanitarie decenti.

Il Comitato Internazionale per lo Sviluppo dei Popoli (Cisp) è una delle Ong aderenti alla rete “Link 2007” e, partendo dalle considerazioni esposte, ha recentemente adottato una nuova Dichiarazione di Intenti, denominata “Diritti, cambiamento, sostenibilità” che si propone di tradurre i 17 Obiettivi in prassi di cooperazione internazionale e aiuto umanitario. La Dichiarazione è stata adottata ufficialmente nel corso della Conferenza del Cisp tenutasi a Roma alla presenza dei rappresentanti degli uffici Paese dal 17 al 19 gennaio, introdotta da un confronto con il portavoce dell’ASviS Enrico Giovannini. Il testo è il frutto di un lavoro di elaborazione e condivisione che ha coinvolto soci, esperti, cooperanti, partner in Italia, in Africa, in America Latina e nei Caraibi, in Medio Oriente, in Europa dell’Est, nel Mediterraneo, in Asia. Un’opera collettiva, quindi, che ispirandosi all’Agenda 2030 aggiorna priorità e approcci strategici, partendo da alcuni dati di fatto. Uno tra tutti: l’emergere, sul piano mondiale e dentro ogni Paese, della diseguaglianza e dell’esclusione come emergenze sociali, politiche ed economiche.

La Dichiarazione di Intenti recepisce l’indicazione di fondo dell’Agenda 2030: la sostenibilità deve essere declinata contemporaneamente in diverse e interdipendenti direzioni: ambientale, sociale, economica, istituzionale. è insostenibile un modello di sviluppo che non fa i conti con il progressivo esaurimento delle risorse naturali ed il cambiamento climatico, così come sono insostenibili una crescita economica che produce ricchezza per pochi lasciando nella povertà milioni di persone ed un sistema di governance internazionale incapace di affermare il diritto internazionale condannando a umiliazioni e sofferenze comunità scosse da conflitti armati.  

È utile, per contestualizzare la Dichiarazione di Intenti, soffermarsi su sei parole chiave, che ne hanno ispirato l’elaborazione. La prima è accountability, l’imperativo di dare conto dei risultati conseguiti, sottoponendo i progetti a scrupolose valutazioni e rendendo pubblici i relativi rapporti. Il Target 17.19 dell’Agenda 2030 indica la necessità di rafforzare sistemi di misurazione credibili e accessibili sull’avanzamento degli Obiettivi. L’impegno assunto dalla Dichiarazione di Intenti è di contribuire al raggiungimento di questo risultato, inscrivendo i progetti di cooperazione in strategie nazionali settoriali e condividendo i dati delle valutazioni. La seconda è professionalità, intesa come prerequisito fondamentale per realizzare azioni efficaci, umanitarie e di sviluppo. La terza è partenariato. In questo caso l’impegno assunto è quello di rafforzare ovunque alleanze con le organizzazioni della società civile, con le imprese, con le istituzioni accademiche, con le istituzioni pubbliche per l’affermazione dei diritti e la lotta alla povertà. La quarta parola è ownership, cioè il riconoscimento del fatto che i protagonisti dei processi di sviluppo sono i soggetti locali rappresentativi del tessuto comunitario, istituzionale, associativo, accademico, imprenditoriale.  La quinta parola chiave è innovazione.  Anche in questo caso non si tratta di un semplice slogan, ma di una scelta vincolante. Per il Cisp identificare e formulare un progetto, sia esso umanitario o di sviluppo, richiede un’analisi delle buone pratiche esistenti, dei successi e degli insuccessi registrati nella stessa area e nello stesso settore, delle possibili innovazioni tecniche e sociali da introdurre per assicurare efficacia e sostenibilità. La sesta è resilienza. Lavorare per la resilienza significa rafforzare la capacità delle comunità locali di fare fronte alle emergenze, riducendone la vulnerabilità sociale, economica, alimentare.

L’analisi sulla resilienza contenuta nel libro “L’utopia sostenibile” di Enrico Giovannini (Laterza, febbraio 2018) è utile a classificare progetti di cooperazione allo sviluppo e aiuto umanitario. Prendiamo ad esempio il caso della sicurezza alimentare in regioni dell’Africa Sub Sahariana ciclicamente colpite dalla siccità.  Utilizzando le categorie del libro si possono identificare tre livelli di risposta alle crisi. La prima, immediata, coincide con l’assorbimento, tramite aiuti alimentari alle famiglie a rischio di denutrizione. La seconda risposta punta all’adattamento, cioè alla messa in atto di misure concrete per prevenire il rischio che la siccità si traduca in perdite di vite umane. Una possibile misura è quella di realizzare strutture per lo stoccaggio di riserve alimentari nelle aree vulnerabili, attivabili sulla base delle necessità. Si tratta di risposte che si sono date e si stanno dando, tramite progetti sul campo nelle regioni del pianeta più povere e vulnerabili. C’è poi una terza risposta, possibile solo tramite il dialogo tra Ong e istituzioni pubbliche: la trasformazione, cioè l’attivazione di un nuovo modello di sviluppo. Nel caso al quale ci siamo riferiti trasformazione può significare soprattutto diversificazione del tessuto produttivo, investimento sul micro credito e la formazione, riduzione della dipendenza dall’agricoltura piovana di sussistenza. L’Agenda 2030 è intrinsecamente trasformativa perché parte dalla convinzione che l’attuale modello di sviluppo è insostenibile. Va voltata pagina.

La Dichiarazione di Intenti “Diritti, cambiamento, sostenibilità” identifica tredici priorità operative e spiega in che modo, con quali progetti e tramite quali alleanze, il Cisp intende contribuire al raggiungimento di ognuno dei 17 Obiettivi. Le tredici priorità sono: costruire ponti, promuovere il dialogo e l’integrazione; giustizia sociale e inclusione; accesso a servizi di qualità; assicurare uguali opportunità; assicurare il diritto alla protezione umanitaria; sostegno ai gruppi vulnerabili e marginalizzati; sviluppare innovazione e cercare nuove soluzioni; uguaglianza di genere; migrazioni e diritti dei migranti; promuovere la pace; sostenere lo sviluppo di politiche inclusive; ambiente e cambiamento climatico; attenzione al patrimonio culturale.

Ci soffermiamo in questa sede solo su una di queste tredici priorità: promuovere la pace. Partendo dall’ Obiettivo di sviluppo 16 (Pace, giustizia e istituzioni solide) sono state identificate alcune priorità operative, che impegnano e impegneranno la nostra organizzazione: (a) favorire l’integrazione tra politiche pubbliche e progetti per determinare un positivo impatto per la prevenzione e la gestione dei conflitti; (b) sostenere processi di sviluppo territoriale che assicurino l’accesso alle risorse per tutte le comunità e tutti i gruppi sociali, linguistici, culturali, prevenendo in questo modo l’esasperata competizione per accedere a tali risorse; (c) sostenere le istituzioni pubbliche nell’attivazione di meccanismi comunitari per la prevenzione e la positiva gestione dei conflitti nei territori da loro amministrati; (d) promuovere azioni di advocacy per spingere le istituzioni internazionali a svolgere un ruolo incisivo a favore della pace e del diritto internazionale.

Quando sarà il momento di fare un bilancio dell’Agenda 2030 tra le domande da porsi vi saranno: è cambiato qualcosa per le vittime innocenti delle guerre? I Paesi scossi da esasperati conflitti interni si sono dati strumenti adeguati per prevenirli e gestirli? E, sul piano internazionale, siamo stati in grado di attivare meccanismi vincolanti per gli stati e le forze belligeranti al fine di evitare il ripetersi di tragedie umanitarie come quella oggi in corso in Siria? Noi ci impegneremo affinché ad ognuna di queste domande sia possibile dare risposte affermative.

 

di Paolo Dieci, Presidente del Comitato Internazionale per lo Sviluppo dei Popoli (Cisp), aderente a Link 2007

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