Giornata Mondiale contro la tratta delle persone, Papa Francesco: "Non possiamo far finta di niente"

In occasione della giornata istituita dalle Nazioni Unite, varie realtà si esprimono per raggiungere un unico obiettivo: combattere questo crimine contro l'umanità

Il 30 luglio si è celebrata a livello globale la “Giornata Mondiale contro la tratta degli esseri umani”. In occasione di tale ricorrenza, istituita dalle Nazioni Unite, si è espresso in primis proprio il Segretario generale dell’ONU, Antònio Guterres, affermando che la tratta di persone è “un crimine vile che si nutre di disuguaglianze, instabilità e conflitti”, con i trafficanti che “traggono profitto dalle speranze e dalla disperazione delle persone”.

Secondo Guterres, questo dramma è particolarmente devastante per donne e bambini, ossia i soggetti più vulnerabili. A fronte di questa affermazione, si può riportare quanto sostenuto dall’Unicef e dall’Icat (Inter-Agency Coordination Group against Trafficking), ossia che più del 25% di vittime identificate nel traffico di esseri umani sono bambini e, se si parla di Africa Subshahariana, America Centrale e Caraibi, la percentuale supera il 60%.

Henretta Fiore, direttrice esecutiva Unicef, ha dunque sottolineato l’importanza dell’attenzione dei governi al problema, a fronte di un’attuale assenza di “soluzioni sostenibili per i minori vittime della tratta, inclusa l’assistenza a lungo termine, la riabilitazione e la protezione”.

Secondo l’Unicef, “In molti Paesi i sistemi di tutela dell’infanzia e dell’adolescenza non dispongono di risorse sufficienti, c’è estrema carenza di tutori legali e di meccanismi di tutela alternativa. Spesso questi bambini e ragazzi vengono collocati in sistemazioni inadeguate, dove rischiano ulteriori traumi e violenze. I ragazzi vittime di tratta possono incontrare ulteriori ostacoli a causa degli stereotipi di genere che impediscono ai ragazzi maschi di ottenere o di chiedere l’aiuto di cui hanno bisogno, mentre le ragazze sono più vulnerabili al rischio di sfruttamento o abuso sessuale, di discriminazione e di maggiore povertà”.

I dati Iom (United Nations Migration Army) parlano chiaro: negli ultimi dieci anni quasi l’80% dei viaggi effettuati da vittime della tratta avviene attraversando normalissimi punti di controllo e aeroporti: questo vuol dire che le agenzie di frontiera hanno il dovere di identificare le vittime per salvarle.

Lo Iom, inoltre, ha segnalato come potenziali vittime della tratta di persone anche coloro che migrano per un futuro economico migliore. Sostiene il direttore generale William L. Swing: “Ogni anno milioni di migranti vengono trafficati all’interno e oltre i confini e si ritrovano intrappolati nei lavori forzati, vittime di violenze, minacce o manipolazioni psicologiche. Spesso, si ritrovano indebitati attraverso processi di reclutamento o condizioni di impiego ingiuste, per tutto il tempo affrontando enormi pressioni da parte delle loro famiglie e comunità che potrebbero essersi indebitate, solo per iniziare la ricerca di lavoro. La tratta è così pervasiva che può essere affrontata solo con un approccio globale a tutto campo. I consumatori, in particolare, devono unirsi ai loro governi, alla loro comunità imprenditoriale locale e lavorare insieme, in modo che le catene di approvvigionamento siano libere dalla tratta di esseri umani e da altre forme di sfruttamento”.

Secondo i dati dell’Europol le vittime della tratta provengono principalmente da Albania, Russia, Ucraina, Ghana, Nigeria, Cina, Vietnam e Brasile. Le vittime di nazionalità brasiliana e albanese risultano più difficili da individuare perché riescono a passare per cittadini comunitari. Le vie d’ingresso tradizionali nel territorio europeo sono quella africana, quella mediorientale e quella balcanica. L’accesso in genere avviene attraverso le coste pugliesi, calabresi, siciliane e lucane.

Prima di combattere questo crimine, però, è necessario creare una struttura valoriale sociale che faccia riconoscere profondamente i diritti dei migranti, per non cadere in una situazione in cui prevalga una sorta di oblio collettivo rispetto a questa tragica situazione.

Infatti, a fronte di tutto ciò, la relatrice speciale dell’ONU Maria Grazia Giammarinaro ha invitato gli Stati di tutto il mondo a combattere la tratta di esseri umani, non solo riconoscendo la violenza con cui vengono calpestati i diritti di queste persone, ma anche creando un’aria antirazzista che faccia guardare ai migranti non come una minaccia, ma come individui con i nostri stessi diritti che, in più, “contribuiscono alla prosperità dei Paesi ospitanti in cui vivono e lavorano”.

Si è espresso contro la tratta di esseri umani anche Papa Francesco, durante l’Angelus del 29 luglio. A fronte di una forma di schiavitù che ha come obiettivi quello “dello sfruttamento lavorativo e sessuale, del commercio di organi, dell’accattonaggio e della delinquenza forzata”, il Pontefice sottolinea come sia “responsabilità di tutti denunciare le ingiustizie e contrastare con fermezza questo vergognoso crimine”.

L’obbligo collettivo è stato ribadito da Bergoglio: “Di fronte al grido di fame di tanti fratelli e sorelle in ogni parte del mondo non possiamo restare spettatori distaccati e tranquilli. L'annuncio di Cristo, pane di vita eterna, richiede un generoso impegno di solidarieta' per i poveri, i deboli, gli ultimi, gli indifesi. Questa azione di prossimità e di carità è la migliore verifica della qualita' della nostra fede, tanto a livello personale, quanto a livello comunitario. Non possiamo far finta di niente”.

Nel 2016, secondo Frontex (Agenzia per il controllo delle frontiere esterne dell’UE) sono stati 503.700 i migranti che hanno attraversato illegalmente le frontiere dell’Unione Europea: tra questi, 364 mila sono arrivati attraversando il mar Mediterraneo, e 181 mila sono sbarcati in Italia.