Ictus: in Italia 100 mila casi ogni anno, ma si può agire con la prevenzione

Il Rapporto 2018 dell'Osservatorio Ictus illustra semplici linee guida per controllare ed evitare eventi cerebrovascolari

20 dicembre 2018

Le patologie cerebrovascolari sono un peso che grava sempre di più sulla popolazione italiana, questo perché è aumentata la longevità nel Belpaese: quindi da un lato aumenta la probabilità di contrarre una patologia cerebrovascolare, dall’altra queste stesse malattie sono a loro volta causa di altre morbilità senili, come le disabilità e i disturbi della capacità cognitiva.

Proprio all’ictus e alle patologie similari è dedicato il documento dell’Osservatorio Ictus Italia, intitolato “Rapporto sull’ictus in Italia. Una fotografia su prevenzione, percorsi di cure e prospettive”, presentato martedì 18 dicembre scorso presso la sala “Nilde Iotti” della Camera dei Deputati.

Il Rapporto parla non solo dei dati che riguardano le patologie cerebrovascolari in Italia in base a generi e regioni, ma anche e soprattutto delle linee guida per migliorare l’attività di prevenzione, considerando che spesso i fattori che predispongono a questi problemi dipendono da stili di vita scorretti e soprattutto valutando quanto possa essere importante effettuare esami di controllo, specialmente a livello cardiaco.

Secondo le linee guida italiane per la prevenzione e il trattamento dell’ictus cerebrale (ISO-SPREAD, Italian Stroke Organization-Stroke Prevention and Educational Awareness Diffusion – VIII ed. 2017), in particolare è l’ictus ad essere la terza causa di morte dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie, ed è la principale causa d’invalidità.

Inoltre, dai dati dell’”Archivio Nazionale SDO del Ministero della Salute, risulta che ogni anno in Italia si verificano circa 100 mila casi di ictus, e il tasso di mortalità a 30 giorni per ictus ischemico è del 20%, mentre per ictus emorragico è del 50%.

Tutto questo si ripercuote inevitabilmente sul Servizio Sanitario Nazionale e sulle condizioni socio-economiche della famiglia del paziente. L’ictus cerebrale, ad esempio, costa 16 miliardi annui al SSN e 5 miliardi alle famiglie.

Mortalità e Ospedalizzazione: dati non necessariamente collegati

Dal punto di vista della mortalità, nell’ultimo anno di cui si hanno a disposizione i dati (2014), si registrano quasi 60 mila decessi per malattie cerebrovascolari, quasi 70 mila per malattie ischemiche cardiache e poco meno di 50 mila per altri problemi collegati al cuore.

Tutte e tre queste tipologie hanno costituito il 30% dei decessi che si sono verificati annualmente nel 2003 e nel 2014. Tuttavia, se si prende come riferimento tutto questo periodo, si può notare come la situazione abbia comunque registrato un andamento in discesa, seppur mantenendo una certa distinzione tra regione e regione: nel rapporto si legge infatti che la mortalità per malattie cardiovascolari è risultata particolarmente elevata in Sicilia e Campagna, mentre è risultata più bassa in Emilia Romagna e in Friuli Venezia Giulia, regione che però si è collocata ai primi posti per ospedalizzazione a causa di eventi cerebrovascolari.

Questo dimostra che, dopo un evento cerebrovascolare, l’attenzione ad un sano stile di vita può comunque fare la differenza per evitare il peggio.

Fattori di rischio: conoscerli permette di invertire il senso di marcia

Nel Rapporto Ictus 2018 si stilano dei fattori di rischio che predispongono o meno ad una patologia cerebrovascolare. Alcuni sono inevitabili, come l’età, il genere, la predisposizione genetica e l’essere già stati vittime di un evento cerebrovascolare. Altri invece riguardano stili di vita che prevedono una libera scelta del paziente, e sono il fumo, l’abuso di alcol, la sedentarietà e una cattiva alimentazione.

Come si legge sul documento, “l’ultima indagine sullo stato di salute della popolazione generale adulta italiana, di cui sono disponibili dati raccolti utilizzando procedure e metodologie standardizzate, è stata condotta dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) tra il 2008 e il 2015; attraverso questa indagine è possibile costruire un quadro sulla prevalenza delle condizioni a rischio”.

L’indagine in questione ha preso in esame circa 9 mila individui con uomini e donne di età compresa fra i 35 e i 79 anni, in tutta Italia. Ciò che si nota è che i fattori di rischio che colpiscono maggiormente gli uomini sono l’ipertensione e il tabagismo, mentre nel caso delle donne sono il sovrappeso e l’ipercolesterolemia. I dati sono disponibili per fasce di età e genere sulla piattaforma CUORE-data, sul sito www.cuore.iss.it.

Le malattie cerebrovascolari sono passibili di evitamento o quantomeno di controllo grazie ad uno stile di vita salutare. Si legge infatti nel Rapporto Ictus che “è dimostrato che l’abolizione del fumo assieme ad un’attività fisica quotidiana (l’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda almeno 150 minuti a settimana) e un’alimentazione ricca di verdura e frutta, cereali integrali, legumi e pesce, e povera di cibi ricchi di grassi saturi (grassi di origine animale), colesterolo, zuccheri semplici (per intenderci i dolci) e sale, aiuta a mantenere livelli favorevoli di pressione arteriosa, colesterolemia e glicemia”.

La prevenzione risulta, dunque, uno dei fattori più importanti, soprattutto alla luce del fatto che solo un terzo dei pazienti è consapevole di essere colpito da ictus, e la maggior parte di essi non conosce i possibili segni e sintomi di un danno cerebrale.

Il ruolo del Servizio Sanitario Nazionale

Il Servizio Sanitario Nazionale è sostenuto dalla popolazione attraverso le tassazioni, e ricopre la Medicina Generale, i trattamenti ospedalieri con esami e procedure diagnostiche annesse, gli interventi chirurgici e la maggior parte dei farmaci. Anche se si tratta di piani nazionali, l’organizzazione e i piani di assistenza sono delegati ai governi regionali.

Il problema è che non esiste un Piano Nazionale ben definito nel caso delle patologie cerebrovascolari, e sono ancora poche le Unità neurovascolari (ossia i centri di urgenza anti-ictus) sul territorio, soprattutto nelle Regioni del Sud: su 300 Unità neurovascolari necessarie, ne sono operative solo 190, di cui l’80% si trova nelle Regioni del Nord. Inoltre, solo poco più della metà delle Regioni italiane ha prodotto un Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA).

Per questo è necessario non solo far sì che le persone adottino un corretto stile di vita, ma anche che vengano responsabilizzate per ciò che riguarda i controlli che devono fare. Dunque devono poter contare sulle proprie capacità di automonitoraggio e sul confronto costante con farmacie e medici generici.

La consapevolezza del cittadino

Tra i primi possibili interlocutori del cittadino per la prevenzione di problemi cerebrovascolari, il Rapporto indica le farmacie che, oltre ad essere punti di erogazione di farmaci e prodotti parafarmaceutici, possono essere punti di riferimento per la misurazione della pressione arteriosa, il dosaggio dei livelli ematici di glucosio o colesterolo e l’esecuzione di alcuni esami refertati in telemedicina.

I medici generici, invece, possono aiutare i propri assistiti sotto vari punti di vista:

  1. Promuovere sani stili di vita
  2. Individuare i fattori di rischio genetici e legati alle abitudini
  3. Individuare situazioni di fibrillazione atriale, ossia di quelle aritmie cardiache che possono essere fortemente predittive per l’insorgenza di ictus: infatti si legge nel documento che “le persone con fibrillazione atriale hanno un rischio da 3 a 5 volte maggiore di avere un ictus”. In questo modo è possibile indicare possibili controlli, che variano dalle misurazioni del battito cardiaco ad esami ECG fino a veri e propri trattamenti farmacologici.

Prevenzione nell’ottica di genere: ictus e donne

L’ictus colpisce indifferentemente sia gli uomini che le donne, ma le risposte dei due generi, sia in termini di sintomi che di reattività terapeutica, sono diverse.

Innanzitutto c’è da evidenziare che nella donna l’ictus rappresenta una delle principali cause di morbilità e di mortalità: infatti le donne sono più longeve degli uomini, e questo le porta a poter rischiare maggiormente sotto questo aspetto.

Inoltre, secondo il documento, “le donne hanno spesso sintomi di presentazione dell’ictus non specifici e giungono più tardivamente all’attenzione medica, diminuendo la probabilità e la tempestività di accesso a trattamenti”.

Ancora, pare che la maggior parte dei contraccettivi orali siano associati ad un aumento del rischio di ictus (soprattutto quelli a più alta concentrazione di estrogeni), e nella donna l’emicrania sembra essere maggiormente connessa al rischio di ictus.

Le donne sono più esposte a problemi cerebrovascolari anche in concomitanza della gestazione e del parto: “gravidanza e puerperio sono associati ad un aumento del rischio di eventi cerebrovascolari, tuttavia il periodo di maggiore rischio è rappresentato dalle prime 6 settimane dopo il parto”.

Un altro fattore ‘al femminile’ che raddoppia il rischio di eventi cerebrovascolari è la menopausa precoce.

Tenere conto della specificità delle caratteristiche femminili può aiutare gli specialisti a tenere sotto controllo terapeutico gli individui di sesso femminile.

di Giorgia Martino