Land Grabbing: il dossier Caritas lancia l'allarme contro l'accaparramento di terre da parte dei Paesi più ricchi

Anche l'Italia tra i Paesi che hanno investito in zone in via di sviluppo: richiesto dialogo tra Paesi

22 febbraio 2019

Il Land Grabbing è l’accaparramento di terre da parte di governi o aziende di Paesi più ricchi, a discapito delle popolazioni che le abitano e le lavorano. La ‘motivazione’ apparente è che questi terreni vengono definiti ‘inutilizzati’, e quindi svenduti dai Paesi in via di sviluppo senza tener conto delle popolazioni locali che da quelle stesse terre dipendono.

La Caritas, in occasione della Giornata Mondiale della Giustizia Sociale, ha pubblicato il 44mo dossier “Terra bruciata. Il land grabbing forma di colonialismo”. Il rapporto denuncia l’aumentare dei casi di land grabbing, di cui si macchia anche l’Italia: pare infatti che il nostro Paese abbia investito su 1 milione e 100 mila ettari, stipulando 30 contratti in 13 Stati. In particolare, l’Italia avrebbe puntato su terre in Africa e Romania, appropriandosi di terre volte allo sfruttamento nel settore energetico.

Il dossier rimarca che, alla base, vi è il solito triste gap economico tra Paesi: “In olti Paesi in via di sviluppo, i governi preferiscano svendere la propria terra senza consentire le relative tutele nei confronti della sua popolazione. Lo sfruttamento delle terre anche da parte degli stessi governi, vanifica tutti gli sforzi fatti dalla società civile per portare alla luce le relative problematiche scaturite dal fenomeno limitando gli strumenti necessari per contrastarne gli abusi”.

Per questo “rimane essenziale il dialogo tra i governi dei Paesi target che sostengono questo business e chi alimenta il land grabbing e l’accaparramento delle terre per supportare e attuare politiche più idonee e trasparenti per il rispetto dei diritti dell’uso della terra. È quindi necessaria una continua azione di persuasione affinché da parte dei governi locali ci sia rispetto nei confronti di chi lotta per sopravvivere”.