No alla caccia illegale: la Lipu dà il via ad una petizione per fermare i bracconieri in Italia

Stretto di Messina, Basso Sulcis, isole tirreniche e Valli del Bresciano le zone più contaminate da questo terribile fenomeno

15 novembre 2018

Parlare di caccia illegale è un po’ come addentrarsi in un campo minato, quantomeno perché si dovrebbe spiegare la legalità di un hobby che uccide degli esseri viventi. Tuttavia, la caccia può essere “legale”, e lo è nel momento in cui si rispetta la legge nazionale 157/92 che recepisce la Direttiva comunitaria “Uccelli”.

La legge 157 è, a sua volta, affiancata dalle regole previste dalla legge 394/91 sulle aree protette, da quelle del Decreto 184/2007 del Ministero dell’Ambiente sulla rete Natura 2000 e dalle leggi di recepimento regionale.

Non rispettare tutte queste regole fa di un cacciatore “un bracconiere”: il bracconaggio, dunque, è l’attività di chi spara a specie protette, in zone o tempi di divieto, con modalità vietate, di chi uccide anche specie non protette ma frequentemente prese di mira dalla caccia illegale, come i fringillidi illegalmente venduti nei mercati abusivi di Napoli e Palermo, o le quaglie e le tortore che vengono abbattute nel basso Tirreno, o ancora i passeriformi catturati in Sardegna (500 mila ogni anno).

In particolare, sono lo Stretto di Messina, il Basso Sulcis, le isole tirreniche e le Valli del Bresciano le zone d’Italia più assediate dal bracconaggio.

Ma come mai, nonostante la presenza di precise regole al riguardo, si tratta di un fenomeno tanto diffuso?

Le motivazioni riportate dal sito della Lipu sono varie, e vengono fatte risalire principalmente a:

  • Mancanza di controlli adeguati
  • Pene previste sottodimensionate: si possono estinguere semplicemente in denaro e si riferiscono non ad ogni animale ucciso, bensì alla specie. Quindi, se si uccide un solo esemplare o più di uno, la pena è identica.

Per contrastare la caccia illegale, la Lipu (Lega Italiana Protezione Uccelli) ha lanciato una petizione che chiede “un provvedimento che, nel caso di ferimento o uccisione di animali appartenenti a specie protette, fermi per molti mesi la caccia in tutta l’area interessata, introducendo il principio della responsabilità oggettiva per gli istituti che gestiscono le attività venarorie”.

La petizione è rivolta “al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, alla Presidente del Senato della Repubblica Maria Elisabetta Alberti Casellati, al Presidente della Camera dei Deputati Roberto Fico, al Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare Sergio Costa”.

Per aderire alla petizione della Lipu, è possibile accedere alla pagina dedicata sottoscrivendo la richiesta con i propri dati.

di Giorgia Martino