L'Italia in ritardo per l'Agenda 2030: pubblicato il Rapporto ASviS 2018

Tra obiettivi in cui l'Italia presenta dei lievi miglioramenti e settori in cui siamo in forte svantaggio, il traguardo del 2030 diventa sempre più difficile

4 ottobre 2018

Italia, SDGs e Agenda 2030: cosa è stato fatto, cosa non è stato fatto e cosa c’è da fare? Sono fondamentalmente questi i tre quesiti che sono ampiamente affrontati nel Rapporto ASviS 2018, presentato oggi 4 ottobre alle 10,30 alla Camera dei Deputati alla presenza, tra gli altri, della Vicepresidente Maria Edera Spadoni e del Ministro dell’Economia e delle Finanze, Giovanni Tria.

Un documento in cui, a fronte di tante iniziative incoraggianti sia sociali che politiche, si desta comunque una grande preoccupazione per un consistente ritardo dell’Italia nei confronti di alcuni importanti Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Il rischio per il nostro Paese è quello di non riuscire a raggiungere i traguardi prefissati nel tempo deciso.

Enrico Giovannini, Portavoce dell’ASviS, parla infatti dei tre anni passati come di un’occasione persa per avanzare verso l’obiettivo che ci si è posti con l’Agenda 2030 nel settembre del 2015: “Si sono già persi tre anni per dotarsi di una governance che orienti le politiche allo sviluppo sostenibile. Il 2030 è dietro l’angolo e molti Target vanno raggiunti entro il 2020. Oltre all’immediata adozione di interventi specifici in grado di farci recuperare il tempo perduto sul piano delle politiche economiche, sociali e ambientali, l’ASviS chiede al Presidente del Consiglio di attivare subito la Commissione nazionale per l’attuazione della Strategia per lo Sviluppo Sostenibile, di trasformare il CIPE in Comitato Interministeriale per lo Sviluppo Sostenibile e di avviare il dibattito parlamentare sulla proposta di legge per introdurre il principio dello sviluppo sostenibile in Costituzione, al fine di garantire un futuro a questa e alle prossime generazioni”.

Dal Rapporto ASviS 2018, la fotografia dell’Italia “più o meno sostenibile” è questa:

  • Tra il 2010 e il 2016 vi sono stati peggioramenti a proposito di:
    • Povertà (Goal 1): peggiora la povertà assoluta, con un alto numero di individui in famiglie a bassa intensità lavorativa.
    • Lavoro (Goal 8): alta disoccupazione, migliorata solo nell’ultimo biennio.
    • Disuguaglianze (Goal 10): aumento del gap tra reddito dei più ricchi e dei più poveri, nonostante l’aumento totale del reddito disponibile dal 2014.
    • Città e centri urbani (Goal 11): bassa qualità delle abitazioni, migliorata però nell’ultimo anno.
    • Ecosistema terrestre (Goal 15): aumento del consumo del suolo.
  • Vi sono stati miglioramenti per ciò che riguarda:
    • Alimentazione e agricoltura sostenibile (Goal 2): diminuzione della popolazione in sovrappeso e aumento delle superfici coltivate biologicamente.
    • Salute (Goal 3): riduzione dei tassi di mortalità e degli incidenti stradali.
    • Istruzione (Goal 4): aumento delle persone laureate e diminuzione delle uscite dal sistema scolastico.
    • Parità di genere (Goal 5): miglioramento della partecipazione femminile alla vita politica e sociale, sebbene al di sotto della media europea.
    • Innovazione e infrastrutture (Goal 9): diffusione dell’uso di internet e aumento degli impiegati nel campo della conoscenza.
    • Produzione e consumo sostenibili (Goal 12): aumento del riciclaggio e diminuzione del consumo di materia.
    • Lotta al cambiamento climatico (Goal 13): riduzione delle emissioni per la crisi economica (con lieve peggioramento nell’ultimo biennio).
    • Cooperazione internazionale (Goal 17): aumento della quota dell’APS (Aiuto Pubblico allo Sviluppo) sul reddito nazionale lordo.
  • La situazione resta invariata per:
    • Acqua e strutture igienico-sanitarie (Goal 6): miglioramento fino al 2014, con un aumento di famiglie che mostrano fiducia nei confronti della potabilità dell’acqua del rubinetto, ma successivo peggioramento determinato dalla riduzione dell’efficienza delle reti di distribuzione dell’acqua potabile.
    • Energia pulita (Goal 7): aumento dell’utilizzo di energia da fonti pulite, con un peggioramento della situazione dalla ripresa economica.
    • Condizione dei mari (Goal 14): valori molto vicini a quelli del 2010.
    • Governance, pace, giustizia e istituzioni solide (Goal 16): la tendenza negativa fino al 2014 è poi migliorata grazie alla riduzione dei procedimenti civili.

Questi elementi sono stati misurati tramite gli indicatori compositi elaborati dall’ASviS, grazie al lavoro di oltre 300 esperti. Tali indicatori sono nati utilizzando la metodologia AMPI, che è quella utilizzata anche dall’Istat. Nello specifico, si fa riferimento ad un indicatore composito, a partire da 95 indicatori elementari, per 15 Goal su 17. Per gli SDGs 13 e 17, invece, si è scelto di utilizzare un solo indicatore headline.

Il valore base è quello dell’Italia nel 2010, ed è pari a 100. Gli indici, dunque, mostrano miglioramenti o peggioramenti a seconda che il valore salga o scenda rispetto al valore base del 2010. La situazione, come si può evincere, non è sicuramente delle migliori anche se vi sono dei piccoli spiragli in alcuni campi.

Secondo Enrico Giovannini, ciò che manca “è una visione coordinata delle politiche per costruire un futuro dell’Italia equo e sostenibile. Il confronto tra le forze politiche nelle ultime elezioni non si è svolto intorno a programmi chiari e con un orientamento in tal senso. L’imminente Legge di Bilancio deve cogliere le enormi opportunità, anche economiche, offerte dalla transizione allo sviluppo sostenibile. Il fattore tempo è cruciale”.

Ed è soprattutto sulla Legge di Bilancio che le proposte ASviS fanno affidamento, ribadendo determinate emergenze all’interno del nostro Paese, come:

  • Introdurre lo Sviluppo Sostenibile tra i principi della nostra Costituzione
  • Attivare la Commissione Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile a Palazzo Chigi
  • Dotare la Legge di Bilancio di un rapporto sull’impatto atteso sui 12 indicatori di BES (Benessere Equo e Sostenibile)
  • Trasformare il CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) in Comitato Interministeriale per lo Sviluppo Sostenibile
  • Adottare un’Agenda Urbana basata sugli SDGs, che si curi specialmente delle aree metropolitane
  • Istituire presso la Presidenza del Consiglio un organismo permanente per dare il via a iniziative sociopolitiche a favore della parità di genere
  • Creare linee guida per le amministrazioni pubbliche in modo che applichino gli standard ambientali e organizzativi per il raggiungimento degli SDGs
  • Intervenire con la Legge di Bilancio per raggiungere i 22 target predisposti per il 2020
  • Ampliare l’insieme di imprese soggette all’obbligo di rendicontazione non finanziaria, in nome di una ‘finanza sostenibile’.

Nonostante le mancanze dell’Italia e le proposte per migliorare la situazione, come dice il Presidente ASviS Pierluigi Stefanini, “il Rapporto è anche portatore di speranza perché dà conto delle iniziative di numerosi soggetti economici e sociali, nonché di tantissime persone, che stanno cambiando i modelli di business, di produzione, di consumo, di comportamento, con evidenti benefici, anche economici”.

Nel Rapporto ASviS 2018, infatti, non mancano riferimenti ai passi avanti che sono stati fatti, come l’attuazione del Reddito di Inclusione come prima misura universalistica di lotta all’indigenza degli italiani, il Decreto Vaccini che ha aumentato il numero di vaccinazioni in età pediatrica, l’arricchimento del Fondo per il diritto al lavoro dei disabili, la conferma del Fondo per azioni di contrasto della povertà educativa minorile, i decreti che approvano le linee guida per un tempestivo soccorso delle donne vittime di violenza nonché il loro inserimento nel lavoro (con sgravi fiscali per chi assume a tempo indeterminato una donna vittima di violenza), il Decreto Dignità che riduce i contratti a tempo determinato e reintroduce le causali per i contratti superiori ad un anno.

di Giorgia Martino