Tratta di persone e Report UNODC 2018: più del 70% delle vittime sono donne

Altissimo anche il numero di bambini schiavizzati: cresce il numero delle vittime identificate

10 gennaio 2019

Aumentano le vittime identificate nella tratta di esseri umani: è quanto afferma il Report Globale sul Traffico di Persone 2018, dell’UNODC (Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della Droga e la prevenzione del Crimine), sottolineando una maggiore concentrazione nelle Americhe e in Asia.

Il documento si basa su informazioni raccolte in 142 Paesi, che comprendono oltre il 94% della popolazione mondiale. Il periodo a cui si fa riferimento è il 2014-2016, e si dividono le vittime in adulti (over 18) e bambini (under 18), sia maschi che femmine.

Le regioni analizzate sono così suddivise:

  • Europa Occidentale e del Sud
  • Europa del Centro e del Sud-Est
  • Europa dell’Est e Asia Centrale
  • Asia del Sud
  • Asia Orientale e Pacifico
  • America del Nord e del Centro, e Caraibi
  • Sud America
  • Africa Sub-Sahariana
  • Nord Africa e Medio Oriente

Più vittime o più indagini?

L’aumento di vittime rilevato in questo crimine non è un concetto di semplice interpretazione: infatti può voler dire sia che ci sono più vittime della tratta, sia che la giustizia funziona meglio e riesce a scoprire più casi di abuso.

Secondo il report, la risposta dipende da vari elementi, in primis lo stato giudiziario e legislativo dei diversi Paesi: nel caso in cui un Paese avesse un quadro antiterrorismo di vecchia data, probabilmente il maggior numero dipende dall’aumento delle vittime in questione; se invece vi sono stati dei passi avanti nella raccolta di dati al riguardo, è evidente che i crimini sono semplicemente messi di più allo scoperto. Come sottolinea il Global Report dell’UNODC, infatti, se nel 2009 solo 29 Paesi avevano un’istituzione che raccoglieva sistematicamente i dati, nel 2018 il numero è salito a 65. In ogni caso, nel report si registrano lacune di informazioni per quanto riguarda alcune zone di Africa, Asia e Medio Oriente.

Impunità, conflitti armati e Internet: i terreni facili su cui agiscono i criminali

Tuttavia, oltre all’individuazione delle vittime e dei trafficanti, vi è un altro elemento che varia a seconda della provenienza geografica, ed è l’impunità: nel Report, infatti, si rileva come in alcuni Paesi dell’Asia Orientale e in Africa Sub-Sahariana, l’aumento delle vittime non corrisponda ad un aumento di condanne, al contrario di quanto avviene in Europa e in Asia Centrale.

Questa sensazione di immunità dalle punizioni va a lasciare terreno fertile all’azione dei criminali, insieme a situazioni di fragilità socio-politica come i conflitti in cui i gruppi armati minacciano e abusano dei civili, costringendoli a varie forme di sfruttamento. Non a caso, in alcuni campi profughi del Medio Oriente è stato documentato che bambine e ragazze sono state costrette a sposarsi senza il loro consenso, così come è stato segnalato il rapimento di bambini da usare come combattenti armati nei conflitti dell’Africa Centrale e in alcune parti dell’Asia.  È facile che vengano prese di mira le popolazioni sfollate, come nel caso dei rifugiati siriani, iracheni e afghani.

Un altro elemento che pare facilitare il reclutamento di vittime è la comunicazione via web, che sfugge maggiormente al controllo e protegge l’anonimato dei criminali, permettendo loro di adescare persone da schiavizzare con l’inganno e con il ricatto.

Profilo delle vittime: il 75% è costituito da donne

Per ciò che riguarda le vittime, sono donne (adulte e ragazze) per il 75% dei casi, mentre vengono sfruttate per i lavori forzati nella quantità di un terzo del totale. Tuttavia, genere ed età delle vittime dipendono anche dal luogo geografico in cui vengono prelevate: in Africa Occidentale e Sub-Sahariana, la maggior parte delle vittime sono bambini, sia maschi che femmine (55%), mentre in America Centrale e nei Caraibi si tratta più che altro di donne.

La maggioranza di donne tra le vittime può essere anche riferita al fatto che lo sfruttamento sessuale è il motivo principale per cui viene attuata la tratta di persone: si parla infatti del 59% del totale, rispetto al 33% del lavoro forzato e al 7% di altre forme di sfruttamento.

Lo sfruttamento sessuale, che avviene sia con la forza che con il ricatto, è la forma più diffusa nelle Americhe, in Europa, in Asia Orientale e nel Pacifico, mentre il lavoro forzato è diffuso soprattutto in Africa Sub-Sahariana e in Medio Oriente.

Gli altri tipi di sfruttamento sono il matrimonio forzato (Sud Est Asiatico), la tratta di bambini per adozione illegale (Centro e Sud America), l'utilizzo di persone obbligate a delinquere (Europa Occidentale e del Sud), il traffico di persone per rimozione di organi (Nord Africa, Europa Centrale ed Europa Sud-Orientale), la tratta per accattonaggio o produzione di materiale pornografico (in varie parti del mondo).

Se le donne (adulte e bambine) vittime della tratta superano il 70%, gli uomini adulti arrivano ad un 20% del totale (soprattutto per lavoro forzato) e i bambini raggiungono il 30% per vari tipi di abuso, da quello sessuale all’obbligo a delinquere, passando per il terrorismo e l’accattonaggio).

La maggior parte delle vittime del traffico di persone viene individuata all’interno del loro stesso Paese di appartenenza (58%), mentre quelle che sono state scoperte in un Paese diverso da quello di origine sono principalmente provenienti dall’Asia Orientale o dall’Africa Sub-Sahariana. In genere i posti all’estero in cui le vittime vengono destinate sono i Paesi ricchi dell’America del Nord, dell’Europa dell’Ovest e del Sud e i Paesi del Medio Oriente.

Profilo dei trafficanti: sono soprattutto uomini, ma le donne hanno ruoli specifici

Oltre al profilo delle vittime, nel Rapporto dell’UNODC si analizza anche quello dei trafficanti: come si legge, “un’analisi del sesso delle persone denunciate per essere state indagate o arrestate, perseguite e/o condannate per traffico di persone, mostra che la maggior parte dei criminali continuano ad essere uomini”. Nel 2016, infatti, in linea con gli anni precedenti, solo poco più del 35% di persone coinvolte in questo tipo di crimine era di genere femminile. La percentuale delle donne trafficanti scende al 20% se si parla di Europa Occidentale e Centrale, e sale quasi al 50% in Asia Orientale e nel Pacifico. In realtà, tuttavia, la differenza sta nei ruoli: infatti dal documento si evince che le donne sono maggiormente attive nella fase di reclutamento delle vittime.

La risposta istituzionale e l'Agenda 2030

Ma qual è stata la risposta istituzionale dei vari Governi a questa piaga mondiale? Nel Report si sostiene che, ad agosto 2018, 168 Paesi avevano adottato una legislazione che condannava la tratta di persone, prendendo come riferimento il Protocollo dell’ONU contro il traffico di persone. Quest’ultimo è stato il primo strumento giuridicamente vincolante a livello mondiale, ed è stato stipulato nel 2003.

Per 12 dei 193 Stati membri delle Nazioni Unite, la legislazione sulla tratta di persone non segue le linee UNODC. 9 Paesi hanno una legislazione anti-tratta che criminalizza solo alcuni tipi di traffico di schiavi (ad esempio, solo di tipo sessuale, o solo la tratta di bambini), e altri 4 Paesi, invece, hanno codici penali che non includono nemmeno il reato di tratta delle persone (come in alcuni luoghi dell’Africa Occidentale o del Sud).

Il documento, da questo punto di vista, lascia aperto uno spiraglio di speranza, sottolineando che “negli ultimi sei anni vi sono stati rapidi miglioramenti, perché circa 15 Paesi hanno modificato i loro codici penali per introdurre il reato di tratta di persone in linea con il Protocollo ONU”, così come in Nord Africa e in Medio Oriente solo un paio di Paesi non hanno ancora introdotto leggi specifiche al riguardo.

La maggior parte dei Paesi europei ha introdotto il reato di traffico di schiavi prima del 2004, mentre la maggior parte degli Stati asiatici hanno introdotto leggi contro la tratta di persone più recentemente, così come nel caso di molti Paesi del continente americano.

Il problema della tratta di persone, nazionale e transnazionale, è affrontato anche dall’Agenda 2030: si legge infatti nel target 2 dell’SDG 16 (Pace e Istituzioni Solide) che occorre “eliminare l'abuso, lo sfruttamento, il traffico e tutte le forme di violenza e tortura contro i bambini”, così come l’indicatore 16.2.2 chiede che i Paesi riferiscano il numero di vittime della tratta ogni 10.000 abitanti, dividendoli per sesso, età e forma di sfruttamento.

di Giorgia Martino