Comunità energetiche

Alla base di una Comunità energetica c’è un fenomeno noto come prosumerismo, espressione derivata dalla combinazione dei termini inglesi producer e consumer. Si tratta di una pratica, ormai sempre più diffusa, in cui un soggetto è al contempo consumatore e parte attiva del processo di produzione di un determinato prodotto.
Temi quali “prosumerismo” e “comunità energetiche rinnovabile” (CER) sono stati introdotti in Europa grazie alla Direttiva UE 2019/44 del 5 giugno 2019 – relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica che modifica la direttiva 2012/27/UE e la Direttiva UE 2018/2001 dell’11 dicembre 218 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili cosiddetta RED II.
Le nuove direttive europee hanno tra i loro meriti anche quello di aver introdotto il concetto di energy community, ossia soggetti giuridici all’interno dei quali agiscono collettivamente autoconsumatori di rinnovabili, “il cui obiettivo principale è fornire benefici ambientali, economici o sociali” ai membri.
La CER è una vera rivoluzione per il settore energetico e per il consumerismo italiano.
Finora, infatti, la legislazione UE aveva fatto riferimento ai diritti dei cittadini solo in quanto consumatori di energia, non in quanto autoproduttori. Essa finalmente riconosce:

  • il diritto di tutti i cittadini ad associarsi per formare una comunità locale dell’energia;
  • il diritto dei singoli e delle comunità ad autoprodurre, immagazzinare, autoconsumare energia da fonti rinnovabili e a vendere quella in eccesso ad un prezzo pari almeno al valore di mercato, con la possibilità che la remunerazione sia più alta per tener conto del valore aggiunto che i piccoli produttori offrono alla società e all’ambiente;
  • il diritto dei soci delle comunità per l’energia a scambiarsi l’energia rinnovabile;
  • il principio-base secondo il quale l’autoconsumo non è soggetto ad oneri. Gli oneri potranno essere imposti dagli Stati UE solo a ben precise condizioni.

La transizione energetica, infatti, non dipende solo dall’evoluzione tecnologica o dalla trasformazione delle grandi imprese. Le comunità energetiche sono un primo, importante, passo che le comunità locali, intese come Istituzioni, cittadini, diocesi, enti territoriali imprese, insieme, possono compiere per contrastare i cambiamenti climatici.
Hanno personalità giuridica e assolvono il principale compito di consumare e produrre energia pulita. Non hanno scopo di lucro e, per conformazione, perseguono l’obiettivo di costruire vantaggi per la comunità locale, quella nella quale sono costituite. Contrastano lo spreco e la povertà energetica e, poi, fanno anche risparmiare le persone.
Comunè è il modo di fare Comunità Energetica che parte dal presupposto che la necessità non più rinviabile della transizione energetica ed ecologica può essere un vantaggio non solo per il Pianeta, ma anche per le Comunità locali: vantaggi sociali, contrasto alla povertà energetica, creazione di nuovi lavori. La comunità energetica è, infatti, il luogo di elezione del prosumerismo vale a dire di quella attività che prevede, in un’unica azione il consumo e la produzione di energia elettrica pulita. Il fulcro di Comunè sono gli enti territoriali (comuni, province, Diocesi), possono aderire anche singoli cittadini, famiglie in disagio economico, piccole e medie imprese. 
Con Comunè gli enti territoriali possono diventare prosumatori di energia, cioè insieme consumatori e produttori, garantendo così energia pulita e a basso costo ai propri cittadini.